lunedì 21 gennaio 2013

Aspettando. Come quelli che aspettavano Godot, però senza i dialoghi nonsense.

Mi sembra di essere in un periodo in cui aspetto e basta.

Aspetto di finire la tesi (e nel frattempo aspetto pure a scrivere. Finché non scrivo la tesi non procede e non può finire, come una sorta di surrogato dell'immortalità. Siamo in un circolo vizioso potenzialmente eterno, lo sappiamo, vero? Perché uso la prima persona plurale?).
Aspetto i giovedì. Aspetto di essermi laureata per pensare a cosa fare dopo (perché non ci voglio pensare). Aspetto che sia sempre un po' troppo tardi per iniziare qualcosa, così poi posso rimandare.


Aspetto le ore dei pasti. Aspetto il momento di andare a dormire. Aspetto i treni, aspetto le persone. Aspetto che finisca la canzone che mi piace prima di mettere in pausa. Aspetto i fine settimana e i lunedì, tanto gira più o meno tutto uguale. Aspetto perché è troppo presto, aspetto che sia ormai tardi. Aspetto di trovare i capelli bianchi (possibile che li veda solo alla luce del bagno della biblioteca? A casa, quando sono armata di forbice, mi sfuggono sempre). Aspetto la mattina in cui mi sveglierò senza sforzo e sarò fichissima. Aspetto di trovare LA COSA che riuscirò a fare bene. Aspetto una mail.

Aspetto un'idea geniale, aspetto l'evento che nei racconti mette in moto tutta la storia. Aspetto il Grande Amore (bah, mica tanto). Aspetto il Momento Opportuno.

È un momento di grandi cambiamenti e io mi sento ferma. Statica in un mondo che giustamente si muove. Come se fossi in letargo, ma senza sapere se poi le cose in primavera cambieranno.

domenica 6 gennaio 2013

...tutte le feste si porta via

E così siamo giunti al 6 Gennaio di un anno tutto nuovo (o, come ho sentito dire spesso ultimamente da amici non italiani: al tredicesimo giorno del Natale. Strambi, questi europei. Strambi ma efficaci).

Perché è stato proprio un bel Natale, inteso come periodo e non come giorno, nonostante le classiche litigate madre/figlia da giorni di festa e i momenti di spleen (ma neanche troppo) sempre dei giorni di festa. Si apprezzano in particolare la birra del 24 sera col coretto di Tanti auguri Gesù Cristo, come ogni anno, e la visione (traumatica) del Christmas' Special della terza stagione di Downton Abbey (No. No. NO), però in compagnia è tutto più sopportabile, anche la vista del tartarugone ribaltato e ormai freddo.

E all'Ultimo dell'anno/Capodanno (il settimo giorno del Natale) mi sono divertita moltissimo, come sempre quando si organizzano le cose un po' all'ultimo, si è un po' accampati, non ci si fanno magari grandi aspettative (anche se non saprei dare una risposta precisa alla domanda "E che cosa avete fatto?" Non abbiamo ballato, non abbiamo suonato, non abbiamo giocato a Risiko né a Sbanfo, non abbiamo passato tutta la sera a scattare foto, né a mangiare, né a bere e basta. Potremmo essere o le persone più noiose del mondo o le più migliori). L'ho passato con la "famiglia" che mi sono scelta, quindi, diciamocelo: non poteva andare male (ma non si sa mai: si ricordano Capodanni di sbronze e lacrime, Capodanni di litigate folli sulla spesa, e non c'è mai limite al peggio).
Il pomeriggio del 31 Dicembre, mentre le torte salate si raffreddavano in cucina ("Cosa hai imparato in Erasmus?" "Ma a cucinare cose veloci e buone, è ovvio!"), io pensavo a cosa mettermi e intanto leggevo questo, turbandomi. Perché, diciamocelo, sono cose che mettono pressione. Soprattutto se pensi tra te e te che, certo, i 25 sono ormai vicini, ma in fondo manca ancora un anno. Poi si realizza che il 2013 sarà l'anno dei 25, e l'unica cosa da fare è scatenare il panico tra le amiche coetanee (della lista che si fa nell'articolo, io sono sicura forse solo dell'ultimo punto: get your nerd on).
Per fortuna le torte si raffreddano, e si può uscire di casa e rifugiarsi intorno a un tavolo a bere vino e a decidere come agghindarsi (mica per caso in francese si dice se mettre sur son 31), ovviamente nei modi più improbabili (parentesi non richiesta: c'è stata una fase della mia vita dove condensavo tutto lo spleen delle feste nelle due ore prima della serata del 31, forse perché sapevo che avrei dovuto essere superfaga e invece non lo ero e non me lo sentivo neppure. E adesso, beh, è una cosa che non faccio più, ed è un problema che mi sembra superato. Fiducia in me stessa? Crescita? Vale come obiettivo da raggiungere e raggiunto prima dei 25?). Ed è così che mi convincono a mostrare le gambe (per usare un eufemismo: avevo una gonna molto corta e molto svasata), che è una cosa che mette sempre di buonumore, forse perché ci si sente più leggeri, o perché gli altri ti sorridono di più. E infatti poi mi diverto un sacco, a parte inciampare nelle mie stesse mani come al solito e rovesciare il limoncello addosso a un'invitata, ma vabbè. Mi diverto così tanto che ad un certo punto le cose diventano confuse, e tra una chiacchiera e l'altra (dico anche in tono minaccioso a un invitato calabrese: "Guarda che io sono lombardo veneta!") e un abbraccio e l'altro ("Vi voglio beeeene!") so che tengo la mano a una persona a cui non dovrei tenerla, e varie altre cose, che però non lasciano il segno (sempre per colpa della mia freddezza?). Finisce tutto per il meglio, con me che mi sveglio in un letto la mattina dopo, senza avere idea di come ci sia arrivata. Ricostruisco: l'ultima cosa di cui ho memoria è un pessimo spritz fatto con il parente povero dell'aperol (si chiamava xspritz ed era l'unica cosa simil-aperol che avevano alla coop, e io vi dico: NON PRENDETELO), infatti mi dicono che dopo mi sono addormentata sul divano, da cui sono stata caritatevolmente trasportata in stanza dalla migliore amica EVAH (cuoricino. Si sa, io ho le sbronze affettuose, questi sono gli strascichi).
La "mattina" (si fa per dire) dell'1 (ottavo giorno di Natale) è tutta una risata, una chiacchiera, un abbraccio, un "E tu cosa ci fai nel mio letto?" "Non avevo altro posto dove andare! Mi hai abbracciato nel sonno! L'ho fatto per proteggerti dai malintenzionati!", ma soprattutto trovarsi a parlare sui letti, come si fa sempre quando ci si trova a dormire insieme da qualche parte. Quasi tutti quelli che c'erano la sera prima ritornano nel corso del giorno, si brinda, si mangia il panettone, si finiscono gli avanzi, e si striscia a casa.

A casa, il primo giorno dell'anno, guardo The Angels' Share, che mi fa venire voglia di bere, ma soprattutto che mi ri-regala I'm gonna be 500 miles, che, come le minigonne, mette di buonumore.
E, a proposito di film, il nono giorno di Natale sono finalmente andata a vedere The Hobbit, su cui avevo parecchi dubbi e riserve, ma che mi è invece piaciuto moltissimo: il buon vecchio fantasy medievaleggiante, Tolkien, uomini con la barba, uomini buffi, vecchie conoscenze, parole di elfico (mellon!) che so riconoscere, insomma, cosavuoidipiùdallavita.

Al tredicesimo giorno di Natale, sto ancora combattendo con la revisione della tesi, mi sto tormentando i capelli anche se corti, ricevo proposte di caffè e marpioneggiamenti vari, ma mi sento comunque allegra. Mi sento bene nella mia pelle e nelle mie manie. E ho aspettative e sogni e tantissime paure per l'anno nuovo, ma va bene così, anche perché, in fondo, che ci possiamo fare? Quel che sarà, sarà (and whatever will be, will be). Che mi sembra anche una frase piuttosto fica con cui concludere il primo post dell'anno.