domenica 26 giugno 2011

Voti in trentesimi e altre amenità universitarie

Una volta, quando non ero ancora l'universitaria di successo che vi scrive con costanza e affetto, e le cui sagge parole leggete con ammirazione (coff coff x 3), mi avevano avvertito. Non ero ancora maturata ufficialmente (che strano pensarlo, soprattutto in questi giorni dove c'è un'intera annata a disperarsi su tesine, libri e manuali, freaking out per temi, interrogazioni e terze prove, e mi sembrano così distanti e ingenui e ggiovani. Credono di liberarsi di tutto quanto con l'esamone, ma invece... mio padre si sogna ancora l'orale di maturità. Per dire). Non mi ero ancora maturata ufficialmente, dicevo, e già mi si davano le basi della vera conoscenza post liceo (che mi avrebbero garantito la sopravvivenza nei primi mesi di autunno universitario).

Punto numero uno: iscriviti agli esami il prima possibile. Aspetta la mezzanotte per quelli a numero chiuso. In generale, prima ti iscrivi, prima fai l'esame, meno aspetti, meno ti stressi (vero, ma con eccezioni, come al solito).

Punto numero due: i ciellini tengono un gruppo di studio per aiutarti a preparare Letteratura latina I. Non cascarci, non farlo (l'ho fatto, senza cascarci).

Punto numero tre: studia (coff coff). Approfondisci, appassionati (non sempre, ma spesso dove mi era stato detto che era impossibile appassionarsi, e viceversa).

La logistica:
- il semaforo di via Larga: non contarci, ogni volta che ci arrivi diventa rosso (vero quasi sempre, ma dopo un po' capisci quando puoi passare col rosso senza essere investito - e, se sei in ritardo e hai un Professore che non ti fa entrare dopo che ha cominciato la lezione, serve).
- la CUEM: sempre piena, a qualunque ora e in qualunque giorno (no, non a metà Luglio. Ma metà Luglio non vale per comprare i libri, effettivamente).
- il Dipartimento: attraversa il cortile, vai in fondo, in fondo, ancora in fondo. Passa il chiostro dei fattoni di Filosofia, arriva a quello più bello e riparato, dove ci sono i muretti all'ombra quasi sempre liberi per sedersi a leggere. (L'anno successivo l'hanno chiuso per lavori, e ha riaperto un anno fa. Tutti erano contenti, ma nessuno capiva interamente la mia soddisfazione).

Ma, soprattutto: capisci che è tempo di sessione d'esami quando arrivi in via Bergamini, e dall'Università vengono persone che parlano al cellulare degli esami che hanno appena fatto, gioendo o, per lo più, lamentandosi.

Vero. Succede sempre (e al telefono si parla sempre di esami che non sono andati bene, chissà perché): gente che ti cammina incontro ma non ti vede, tutta presa a spiegare che eradifficilissimo, e mihachiestoquellacosadelcapitoloventinovechenonerapropriodafare, e chestronzocheèstatoperò, e nonèandatacomemiaspettavomavabenelostessodai, etc.

Lunedì mattina li ho trovati già in Piazza Fontana, ed erano le nove di mattina.

Siamo in piena sessione estiva, non c'è nulla da dire. E, nonostante il sole che c'è fuori, mi piace. Mi piace il corridoio silenzioso e fresco, e il chiacchiericcio agitato. Mi piace il Dipartimento, nonostante sia esteticamente orrendo e invivibile, nonostante il blocco di agitazione allo stomaco che mi prende sempre (passa la SAFM, arriva al chiostro di Filosofia, dove ci sono i fattoni... più avanti, in fondo, dove c'è meno gente e più ombra. Sali le scale, e comincia a trattenere il respiro), e che non mi passerà mai, lo so. Mi piace nonostante le delusioni (perché, diciamolo, se dico cosa ho preso a Letteratura Greca mi sparate dato che sto a lamentarmi, ma tutto considerato (è  g r e c o!) posso avere anche le mie ragioni), mi piace anche spaccarmi la testa sul Maas, perché mi piace quello che faccio, al di là del cosafaraidopo e del tantonontroveraimailavoro. Lo so! Ma fa fatica a trovare lavoro chi ha fatto Economia, e lo studente di Giurisprudenza dovrà penare per anni, e persino i Medici hanno vita dura. Lasciatemi fare quel che mi piace, che poi tanto il karma decide per tutti.

Trentesimi, serate al cinema quando c'è lo sconto, e movimenti di popoli e luoghi cruciali che si modificano a seconda che se è periodo di esami, o di lezioni. Fancazzismi prolungati, e estati a studiare. Voglia di fare, e totale apatia. Come rinunciare a tutto questo?

martedì 14 giugno 2011

Una mattina mi son svegliato

... e anche il resto dell'Italia era sveglia!

La vignetta di Altan de La Repubblica di oggi (vignetta prontamente diventata la mia foto profilo di Facebook)

Magari non proprio tutta. C'è ancora una bella fetta di gente disinteressata, lobotomizzata, priva di criticità, discernimento e giudizio (ma anche di educazione e istruzione e senso della bellezza. Oh, sarò snob, ma è così). Ma siamo svegli in tanti (diciamo, più della "metà più uno").

Fischia il vento, ancora.
E speriamo continui a soffiare a lungo, cacciando via tutte le nuvole di grigio smog che come una cappa si sono fermate su questo Paese ormai da troppi anni.

venerdì 10 giugno 2011

E il peccato fu creder speciale una storia normale

Disclaimer: intervento random (leggi: disconnesso).

Forse invecchiare vuol dire questo, dar ragione al Guccio anziché compiacersi malinconicamente di storpiarne un verso per dire che il vero peccato fu creder normale una storia speciale.

Strano (e triste) pensare che dopo tutto quanto, l'unica cosa che resta è  f a s t i d i o. E anche un po' di noia (oltre alla sgradevole sensazione di aver buttato via almeno un anno. Ripeti con me: iocredonelkarmaiocredonelkarma). Indifferenza work-in-progress.

*

Ma a parte queste meschinità, ho finalmente ripescato un articolo che risale nientemeno che al 22 marzo 2008. Un'eternità fa, pare (è). Era un sabato, e io stavo come al solito sfogliando negligentemente D di Repubblica (ai tempi, leggevo di fisso Zucconi/Concita, e stropicciavo il resto). E poi sono stata folgorata da due pagine scritte nero su giallo brillante (una cosa oculisticamente da denuncia) da una mia omonima, di poco più grande di me, che scriveva frasi che mi porto dietro da più di tre anni, senza nemmeno sapere bene di chi fossero e come fossero quelle parole che mi avevano fatto dire: questa sono io.

"Perché si dice addio. La paura dell'abbandono fa fare cose assurde. Come mettere fine a una storia, anche quando è quella giusta". Cosa che a me, francamente, non è mai capitata (non mi era di certo mai capitata allora; oggi, potrei dire che ci sono andata vicino in modo malato, ma non divaghiamo).

Ma mi sono capitate certe sensazioni, e certe emozioni che da allora ho pensato grazie a quelle parole.

Ti ho conosciuto in una pizzeria, a una cena universitaria. Stavi seduto accanto a una ragazza, lei era di Latina, ma sosteneva che sua nonna era regina d'Etiopia, tu la guardavi perplesso. Ho preso posto accanto a te, ho pensato: sei tu. Un giorno quando racconterai ad altri il nostro inizio dirai che stavi parlando con una principessa ed è venuta a infastidirti una "zanzarina", io ti dirò zanzarina a chi?, ma nei tuoi diminutivi sentirò il sollievo di non dover essere grande.

Sai?, mi sembra che certe piazze e certe strade le abbiamo viste solo noi, non le ho più trovate.

Abbiamo smesso di camuffare i nostri difetti.

Ma forse un gesto è solo un gesto e una frase è come tante, è chi se la sente a caricarla di significato, cerco di convincermi ogni volta che un ragazzo mi fa una carezza,  l e   m a n i   s o n o   m a n i,   l e   t u e,   l e   s u e,   q u e l l e   d i   u n   a l t r o,   c h e   d i f f e r e n z a   f a?

Ti ho amato per queste accortezze, per le sciocchezze che mi venivano concesse, perché non volevo essere saggia, volevo essere stronza e ragazzina.

M i   c o m p o r t o   c o m e   s e   p o t e s s i   i n c o n t r a r t i   o v u n q u e: a una mostra, una presentazione, in qualunque luogo pubblico mi trovi, tengo fisso lo sguardo sulla porta, aspettando di vederti entrare, cerco di farmi trovare sorridente e in buona compagnia, tra persone di successo e se qualcuno mi parla sottovoce e si fa audace, penso: se solo entrassi adesso, adesso, in questo momento, sarebbe un quadro perfetto. Da quando ti ho lasciato, ogni mio momento è recitato come se tu dovessi assistere.

"Tanto tu sei forte, sei saggia", sì, io sono forte, sono saggia, "tu non ce l'hai il cuore come tutti gli altri", già, io non ce l'ho il cuore come tutti gli altri, perché io ne ho uno solo di cuore, gli altri ne hanno almeno uno per ogni occasione.

*

E dopo più di quattro anni, però, ho deciso che dopo aver scritto l'ultima pagina posso mettere via il quadernino giallo. E lasciar perdere le pare sentimentalromantiche e i rapporti psicoamorosi. Cresco e cerco casa, anche se solo provvisoria, anche se è solo una camera. Piccola, per lasciar fuori le cose inutili, grande a sufficienza per portarmi dietro quel che mi serve (che, come dissi tempo fa a un pauroso, non è molto: delle amicizie, rimangono quelle che ne valgono la pena, e allora meglio alleggerirsi delle altre).

*

Ridere inventando soprannomi assurdi di personalità fastidiose sedute al tuo stesso tavolo, e scambiare sguardi di sottecchi e commenti caustici. Per voi ci sarà sempre posto, in ogni mia camera di ogni paese di ogni mondo, in ogni anno e in ogni tempo (*sigh).

mercoledì 8 giugno 2011

L'Amaca di Michele Serra (La Repubblica, 7.06.2011)

È difficile, ma non impossibile, che si arrivi al quorum per i quattro referendum del 12 giugno. Dei referendum, in passato, si è abusato fino a svilirne il valore: non per caso è dal ’95 che il fatidico quorum non viene raggiunto. Ma i meno giovani ricordano perfettamente la portata storica di almeno tre referendum (legalizzazione di divorzio e aborto, referendum elettorale di Mario Segni) che sconquassarono il quadro politico e soprattutto diedero il segno di una maturazione profonda, e inattesa, dell’opinione pubblica. Nel clima di riscossa civile aperto dalle amministrative, i quattro quesiti di domenica prossima potrebbero sortire un effetto analogo: ridare alla politica quel significato di cambiamento, di salto di qualità, che la politica riveste nonostante (e contro) il deperimento degli ultimi anni. Chiedete a tutti di andare a votare, discutere con gli incerti e con gli indifferenti, non vergognatevi di sentirvi propagandisti importuni, così come non mi vergogno di scrivere queste righe di smaccata propaganda politica. La posta è alta, il contenuto dei quesiti molto rilevante. Specie i due referendum sull’acqua chiedono di rimettere l’accento sulla dimensione pubblica della nostra convivenza. La politica è tornata. Dite a tutti di tornare alla politica.

*

Io ho già votato al referendum contro il nucleare: mia madre era incinta di qualche mese, penso sia stato il mio primo atto politico. Figuratevi se non partecipo adesso (oltretutto che non c'è solo in ballo il nucleare, ma anche la salvaguardia dell'acqua pubblica e del siamo tutti uguali di fronte alla legge che evidentemente dovrà sparire, insieme agli aneddoti edificanti sull'argomento, se non si dovesse raggiungere il quorum, o, gli dèi non vogliano, vincere il no).