giovedì 31 marzo 2011

Sun, sun, sun, here it comes

A lot of schools were home for vacation already, and there were about a million girls sitting and standing around waiting for their dates to show up. Girls with their legs crossed, girls with their legs not crossed, girls with terrific legs, girls with lousy legs, girls that looked like swell girls, girls that looked like they'd be bitches if you knew them. It was really nice sightseeing, if you know what I mean. In a way, it was sort of depressing, too, because you kept wondering what the hell would happen to all of them. When they got out of school and college, I mean. You figured most of them would probably marry dopey guys. Guys that always talk about how many miles they get to a gallon in their goddam cars. Guys that get sore and childish as hell if you beat them at golf, or even just some stupid game like ping-pong. Guys that are very mean. Guys that never read books. Guys that are very boring.


J. D. Salinger, The Catcher in the Rye


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Non ho voglia, né tempo né ispirazione. Salinger non mi ha colpito come tutti mi dicevano. Forse l'inglese mi ha tolto qualcosa, ma non credo, anzi (non ne potevo più di tutti quei Boy, was I drunk, Old Sally, Give her a buzz, etc.: una traduzione avrebbe reso tutto questo slang ancora più ridicolo). Non so, è come se Holden fosse decisamente TROPPO al di sopra delle righe. Ci ripenserò, comunque.


Però... però ci sono dei punti di b e l l e z z a. E questo è uno di quei punti (giusto per rimanere in tema col post precedente, e nel mood del periodo). Non c'è bellezza che deve andar sprecata, né una vita né un minuto da consumare in modo inutile, né un secondo da bruciare per stare dietro a persone noiose, che parlano solo loro e solo di loro, antipatici, infantili e maleducati, che non leggono (e magari anche che "non sanno il greco", come diceva saggiamente Il Censore). Ragazzi noiosi. Prima ce ne liberiamo, prima ci liberiamo, prima tornerà il sole.

domenica 27 marzo 2011

I hope she gives you herpes

Io rispetto moltissimo il suo amore sbagliato, perché è proprio alla sua età che si è capaci di sentimenti assoluti e difficili, che fanno inutilmente male. Sa perché le dico sbagliato? Perché lo so: tutte abbiamo amato un uomo per il solo fatto che sapeva farci soffrire, e facendoci soffrire pareva grande e misterioso. Quando ne uscirà, si renderà conto di una cosa semplice e le chiedo scusa se glielo dico brutalmente: quell'uomo non vale nulla, sa di tenerla in pugno e di intristirle la vita, ma si sente giustamente molto meno di lei, quindi si vendica tormentandola, intervenendo nella sua vita, parlandole di un'altra.

Natalia Aspesi, Questioni di cuore (su il Venerdì de La Repubblica, 18 marzo 2011)

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Ammettetelo: la posta del cuore è sempre una delle rubriche più interessanti di una rivista. Quella di Natalia Aspesi sul Venerdì, però, è speciale. Tanto per cominciare non è banale né scontata, ed è l'unica di cui leggo più volentieri le risposte delle lettere. La Aspesi è sempre ironica, per nulla falsamente consolatoria, e sa mescolare abilmente un po' di sano "terra-a-terra", comprensione (quando meritata), arguzia e un po' di acidità.

Le frasi a inizio del post mi hanno particolarmente colpito perché anche la settimana prima aveva detto qualcosa di molto simile: ci ostiniamo a considerare l'uomo della nostra vita quello che ci snobba, e proprio perché ci ha detto di no (autolesionismo o volontà inconscia di crearsi un modello ideale che non si autodistrugga perché non arriverà mai alla prova della realtà, lei non lo dice).

Ma sono/siamo (non faccio l'ipocrita e mi metto anche io nel conto, non fate finta di niente e fatelo anche voi) così tante quelle che abbiamo amato un uomo per il solo fatto che sapeva farci soffrire, e facendoci soffrire pareva grande e misterioso?

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Ma poi cosa c'è nell'aria? La primavera sta facendo sconvolgere gli ormoni di tutti, riportandoci ai più bassi istinti animaleschi? Solo in questo fine settimana ho sentito di ragazzi, anzi, di stupidimaschi (non esiste altra definizione possibile) così idioti uni e così vermi altri da farmi ricredere su certe mie conoscenze passate. Alla faccia dei (finto)-tormentati-indecisi-infantili, certa gente fa sembrare i rappresentanti della suddetta (spregevole) categoria dei veri e proprio gentlemen.

Ragazzi che si decidono a chiudere una relazione che si trascina, ormai morta, da anni (mentre sono mesi che credono di rendersi affascinanti e tenebrosi con il sospirare, ogni tre per due - meglio se nelle vicinanze di un paio di occhi azzurri cui non daremo nome - che "le cose non vanno"). Che giocano all'uomo-con-un'anima-e-una-coscienza ("soffro, soffro"), facendo però nel frattempo capire al paio di occhi azzurri che sono pronti a rifarsi una vita con una che sia finalmente degna del loro amore, che già si fanno chiamare "marito" (chissà cosa ne direbbe quel frigido di Virgilio, che, si ricorderà, lo rimproverava a Didone, che ne aveva per parte sua ben donde), che riversano i loro millemila messaggi al paio di occhi azzurri. Che invitano il paio di occhi azzurri a uscire. E che poi comunicano tutti giulivi che sono tornati con l'ex (ma non si sopportavano mica più? Ma lui mica ci stava provando con l'altra?), e pretendono pure simpatia.

Ragazzi-vermi (largamente maggiorenni) che scaricano la ragazza con cui stanno da due anni con un sms (esistono davvero allora! Non sono un'invenzione della chick lit!), e che si rifanno vivi (se si può definire "rifarsi vivi" l'irrompere nella vita dell'ex sotto forma di bustina sullo schermo del cellulare), a distanza di ventiquattr'ore, solo per spargere sale sulla ferita e aggiungere insulti francamente inutili.

E fermiamoci qui.

Da dedicare a tutti quei "You-Know-Who" (il povero Voldemort ovviamente non c'entra) di cui (s)parliamo tanto volentieri. Con affetto, le mai più vostre Noi.


lunedì 21 marzo 2011

inverno/primavera

Ho avuto la fortuna di passare gli ultimi giorni d'inverno in un posto che sembra sia stato creato per l'inverno, anzi, da Inverno in persona.

Sono andata a Nord, molto a Nord. Diciamo più a Nord di quanto mi sia mai capitato, il che di per sé non vuol dire molto. Sono andata nel Nord, nel Nord vero. Più a Nord di Copenhagen, più a Nord di Oslo, più a Nord di Stoccolma e più a Nord dell'Isola del Gabbiani, più a nord di Helsinki. Sono andata a Rovaniemi.

Photo by Annie.

A Rovaniemi, a parte il Villaggio di Babbo Natale, le renne e la neve, c'è l'Università. E in università ci sono gli Erasmus, e fra gli Erasmus c'è Annie.

A tutte e due piace il Nord Europa, il freddo e l'inverno. Aver letto gli stessi libri è come crescere guardando la stessa luna, e aver letto Astrid Lindgren da piccola ti fa credere che il bagno nel mare del nord sia la cosa più normale del mondo ("...ce l'hai tu il sapone?"); un anno fa, al momento di consegnare la domanda erasmus, non eravamo in molti a fare il tifo per la scelta della Finlandia (persino l'esaminatore cercava di spingerla a una banale Barcellona, bah), ma io ero assolutamente affascinata all'idea. Vi dico solo: occhi stellati.

"Ti hanno preso? Ti hanno preso??! Ma è fantastico! Cioè... mi mancherai. Però sei mesi volano, e... sei mesi in Finlandia! Meraviglioso, verrò a trovarti!"

Photo by Annie.

A Rovaniemi, ovviamente, c'è neve. Tanta neve. Ma c'è anche il sole (coperto dalle nuvole durante il mio week end, ma non si può avere tutto dalla vita), temperature accettabili per la sopravvivenza umana (almeno nei giorni passati, non sono stata obbligata a costruire sculture di ghiaccio con 30 gradi sotto zero... io), e biciclette. Biciclette ovunque (va bene, non proprio come in Olanda, ma quasi), degli studenti e dei "civili", degli stranieri e degli "indigeni", appoggiate al tronco di un albero, legate a una rastrelliera e intrappolate nella neve.

Ci sono distese di neve e un fireplace dove si può andare tranquillamente di notte a bere una birra, cantare i Muse, chiacchierare e salutare la città dall'alto.

Photo by Annie.

Ci sono sette minuti di luce in più ogni giorno, ora, e un bianco accecante.

Biblioteca (ovvero Kjriasto) con l'immancabile renna. Photo by Annie.

C'è la biblioteca pubblica di Alvar Aalto (il link ovviamente è per i profani, io ormai sono un'esperta sull'argomento, grazie alla lezione all'alba di Finnis Design - pare che i finlandesi non riescano a dire il suono sh, lo sapevate? - ), costruita in modo intelligente, grande, spaziosa e luminosa (e con una sala interrata dedicata interamente a musica e CD);

Interno della biblioteca. Photo by Annie.


c'è il museo dell'Arktikum, sempre di A.A., e vetrate e legno e luce. Luce bianca e bella, non gialla e sporca.

Museo dell'Arktikum. Photo by Annie.

E c'è l'università, ovviamente. Gratis, e poi lo Stato ti paga per iscriverti. Vabbè, questo si sapeva. Ma l'università è nuova e spaziosa e luminosa. Ci sono computer ovunque che puoi usare quando vuoi (anche per guardare l'ultima puntata di Glee), mense a prezzi più che politici, buone biblioteche, aule di musica se hai voglia di suonare un po'. E un guardaroba all'ingresso, così puoi toglierti la giacca da neve e gli stivali, infilare le ballerine e scivolare via leggero verso la lezione. E vetro e legno e luce bella, bianca.

Gatto a caso disegnato su una lavagna in un'aula abbandonata (frrr). Photo by Annie.


E oltre a tutta questa bellezza, c'è la fotografa di eccezione che ci ha concesso le foto per questo post, e scusate se è poco.

"Ma non la porti in giro? Guarda che mica è venuta a trovare te!" "Sì invece!"

Perché diciamocelo, la Finlandia e Rovaniemi meritano, ma io volevo venire proprio a trovare te (cuoricino), qualsiasi cosa dicano le madri, e avrei affrontato anche la stereotipata Spagna per questo (eheh).

Certo, Linate-Riga e Riga-Rovaniemi è molto più fico, i sex exchange party più divertenti se fuori non ci sono 30 gradi ma meno 10 (con ragazzi in calzamaglia e gonnellina che ti dicono "ma voi non avete freddo di solito?"), le crepes ricoperte da spessi strati di nutella si mangiano più volentieri con la scusa delle calorie contro il freddo (e lo stesso dicasi per la vodka), ma, in definitiva, sono le persone che rendono un posto davvero speciale. E tu sei una persona speciale in un posto che già di per sé è piuttosto speciale, assieme ad altre persone speciali. No, scema, non è un modo carino di dire che sei in un manicomio: è bello vederti nella tua casa, nella tua stanza che è tua, è bello capirlo al primo sguardo, nonostante il viola predominante; è bello sentirsi dire "oddio, ma sembra di vedere Annie! Hai lo stesso modo di parlare, fai le stesse facce, usi le stesse parole, le stesse espressioni, gli stessi versi, gli stessi gesti!"; è bello vedere in faccia persone di cui sento parlare da mesi, e avere (quasi) le stesse reazioni a pelle ("è pesante. In tutti i sensi. A.? è così... francese!").

La mia bimba diventa grande e salva la Cina: va in erasmus e vive da sola, potrei aggiungere, fa la fotografa, ascolta la musica cantando sotto la doccia, prepara la pizza mangiando la pasta cruda (ma infornando quello che ne rimane)... e io le voglio un bene dell'anima.

Pronte per conquistare il mondo a partire da qualche km sotto il Circolo Polare Artico (ma solo dopo il
terzo autoscatto). Photo by Annie.

Ma oggi è il primo giorno di Primavera (anche nel regno dell'Inverno). E quindi buona primavera a tutte e due, fra la neve e fra la terra che già si intiepidisce al sole. Perché nonostante tutta la melensaggine e l'aria fritta che so sfornare in abbondanza così bene, ci sono poche cose che non cambiano, e tu sai quali (il che non vuol dire assolutamente nulla, ma sembra una frase profonda, e ha un bel suono).

sabato 5 marzo 2011

...riprendemmo la conversazione interrotta a Parigi, e ben presto mi resi conto che anche se si fosse prolungata fino alla fine del mondo, il tempo mi sarebbe sempre parso troppo breve.


Simone De Beauvoir, L'età forte.




Ho ricominciato quotidianamente ad andare in uni, e ho scelto il mio libro da treno il giorno dopo l'ultimo esame. Simone De Beauvoir, L'età forte. Quasi un anno fa avevo letto le Memorie di una ragazza perbene, pensavo di lasciar perdere con l'autobiografia e invece eccomi qui.

Lo stile è sempre quello, cronachistico ma pungente, e accurato. La cosa che mi ha colpito di più è quanto sembrasse divertirsi SDB, almeno prima dello scoppio della guerra. Finalmente fuori casa, insegnante, indipendente, prove di scrittura in atto, lunghissime camminate, vacanze estive in giro per l'Europa con due soldi in tasca, letture, incontri, cinema, musica, e poi i cocktail, fermarsi nel café di lusso a mangiare una pila di croissants ed essere lasciata "come pegno" al proprietario mentre Sartre va a cercare un prestito... Non volevo che la vita avesse altre volontà che la mia, scriveva in Memorie di una ragazza perbene, e c'è riuscita.

Ma   S a r t r e, appunto (mai "Jean Paul", tra l'altro). Parliamone (e qui finisce la parte seria e lirica del post).

Così brutto. Schifoso Jean Paul, ma ti pare, hai la fortuna di stare con Simone (che poi io trovo poeticissimo che loro siano stati insieme tutta la vita, senza mai sposarsi - e anche senza avere figli, peraltro. Citerò brutalmente da wikipedia: «Sa mort nous sépare. Ma mort ne nous réunira pas. C'est ainsi; il est déjà beau que nos vies aient pu si longtemps s'accorder»), e vai a dire vaccate tipo "il nostro era un amore necessario, ma dovevamo conoscere anche amori contingenti"?! Ma te lo dò io l'amore contingente, vedi quanto ti tange e quanto ti duole una volta che ho finito! D'accordo, sarà anche stato eccezionalmente intelligente, ma non è una scusa per giocare all'esistenzialista nichilista che giocando su contingente e necessario si fa le storie parallele, tenendosi la bellissima e intelligentissima Simone come compagna per la vita. Comodo, eh?


Eppure... eppure era amore, dolciastramente patetico detto così, e lei l'avrebbe odiato. Perché non puoi ridurre una relazione alla bella frase da citare per fare sensazione, dietro ci sono anche i dissidi, le liti, ma soprattutto le discussioni, la condivisione, una sorta di "sintonia" delle menti e dei corpi, e, perché no, dei cuori.


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Stupidimaschi nella loro stolidità: sul traghetto per non so più quale isola greca, SDB sta vomitando l'anima e Sartre insiste: "Allora, ci fermiamo tre ore o tre giorni?" "Non so, fai te..." "NO! Scegli tu, devi scegliere tu! Tre ore o tre giorni??!"


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Comunque se qualcuno mi chiamasse "Castoro" io un po' mi offenderei.